Il pubblico ha preso posto e lo spettacolo sta per cominciare. Le luci però ancora non si spengono. Cosa stiamo aspettando? Un signore e una signora arrivano in platea, in ritardo. La moglie rimprovera il marito: "Dove hai messo i biglietti?" e chiede a due persone del pubblico, gentilmente, di cedere loro il posto. Quest'uomo e questa donna, però, non sono due comuni spettatori. Lo sketch fa parte dello spettacolo, che inizia così: facendosi attendere.
Un breve filmato, quasi un 'backstage', ci mostra una serie di eventi avvenuti prima dello spettacolo: uno degli attori, che interpreterà Estragone, tarda a raggiungere il teatro e l'altro, nell'attesa, scatta inutili fotografie, giusto per passare il tempo. Nel frattempo, in un camerino, Radio Shock sta intervistando l'autore del testo, Samuel Beckett, il quale rilascia brevi risposte e dichiarazioni senza senso, con l'aria criptica e misteriosa di una rock star prima del concerto. Durante tutto lo spettacolo, l'autore resterà in scena, onnipresente, come un'ombra silenziosa, ad osservare in silenzio le gag di Didi e Gogo; intervenendo di tanto in tanto per dire la sua o per offrire da bere ai due personaggi.
Aspettando Godot, opera emblema del teatro dell'assurdo, si trasforma, come dichiarato nel titolo, in qualcosa di diverso. Le dimensioni del tempo e dell'attesa non hanno più quel valore di staticità e di vertigine del vuoto dell'originale beckettiano. La frantumazione del testo, provocata sia dagli inserti comici che dall'intrusione di personaggi provenienti da altre opere, come Winnie, la protagonista di Giorni Felici, dissimula la tensione dell'attesa. La vicenda e i dialoghi su piani sfalsati di Vladimiro ed Estragone diventano un canovaccio, un pretesto per l'improvvisazione; uno spazio e un tempo contenitori in cui esibire una padronanza della tecnica attoriale meritevole di complimenti.
Vladimiro ed Estragone diventano così definitivamente e dichiaratamente Didì e Gogò, la coppia farsesca che in Beckett rimaneva solo implicita, come la faccia opposta di una stessa medaglia. Resta da chiedersi se la perdita di una delle due facce non porti con sé il rischio di un appiattimento dei personaggi - e dei contenuti - verso una bidimensionalità sicuramente non voluta. Il rischio, tuttavia, è subito riscattato dal valore aggiunto agli stessi personaggi che, a differenza delle scarpe di Gogo, calzano a pennello sugli attori che l'interpretano, sposandone le caratteristiche naturali e conferendo note di originalità e di spontaneità all'interpretazione.
Alessandra Ferrari
Un breve filmato, quasi un 'backstage', ci mostra una serie di eventi avvenuti prima dello spettacolo: uno degli attori, che interpreterà Estragone, tarda a raggiungere il teatro e l'altro, nell'attesa, scatta inutili fotografie, giusto per passare il tempo. Nel frattempo, in un camerino, Radio Shock sta intervistando l'autore del testo, Samuel Beckett, il quale rilascia brevi risposte e dichiarazioni senza senso, con l'aria criptica e misteriosa di una rock star prima del concerto. Durante tutto lo spettacolo, l'autore resterà in scena, onnipresente, come un'ombra silenziosa, ad osservare in silenzio le gag di Didi e Gogo; intervenendo di tanto in tanto per dire la sua o per offrire da bere ai due personaggi.
Aspettando Godot, opera emblema del teatro dell'assurdo, si trasforma, come dichiarato nel titolo, in qualcosa di diverso. Le dimensioni del tempo e dell'attesa non hanno più quel valore di staticità e di vertigine del vuoto dell'originale beckettiano. La frantumazione del testo, provocata sia dagli inserti comici che dall'intrusione di personaggi provenienti da altre opere, come Winnie, la protagonista di Giorni Felici, dissimula la tensione dell'attesa. La vicenda e i dialoghi su piani sfalsati di Vladimiro ed Estragone diventano un canovaccio, un pretesto per l'improvvisazione; uno spazio e un tempo contenitori in cui esibire una padronanza della tecnica attoriale meritevole di complimenti.
Vladimiro ed Estragone diventano così definitivamente e dichiaratamente Didì e Gogò, la coppia farsesca che in Beckett rimaneva solo implicita, come la faccia opposta di una stessa medaglia. Resta da chiedersi se la perdita di una delle due facce non porti con sé il rischio di un appiattimento dei personaggi - e dei contenuti - verso una bidimensionalità sicuramente non voluta. Il rischio, tuttavia, è subito riscattato dal valore aggiunto agli stessi personaggi che, a differenza delle scarpe di Gogo, calzano a pennello sugli attori che l'interpretano, sposandone le caratteristiche naturali e conferendo note di originalità e di spontaneità all'interpretazione.
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