CHI SIAMO

Second Open Space Teatro presenta la seconda edizione bloggistica del laboratorio di scrittura critica focalizzato sugli eventi della stagione 2009 del Centro di promozione teatrale La Soffitta e anche su altri appuntamenti scenici.

S.O.S. come acronimo di Second Open Space, imperiodico foglio online scritto da studenti della Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell'Università di Bologna, che si cimentano con l'analisi e il racconto dello spettacolo, sotto la guida di Massimo Marino.
S.O.S. come segnale, allarme, chiamata all'intervento, alla partecipazione e alla collaborazione per creare e accrescere gli sguardi sulla realtà teatrale attraverso cronache, interviste, recensioni, approfondimenti.
S.O.S. come piattaforma online di soccorso al pensiero aperta a commenti, suggestioni, contributi esterni da parte dei lettori.

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DIRETTORE Massimo Marino

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Tomas Kutinjac

WEB Elisa Cuciniello

SCRIVONO Emilia Biunno, Elisa Cuciniello, Irene Cinti, Sandro Ghisi, Tomas Kutinjac, Stefano Serri
- e per la rassegna DiversaMente - Alessandra Cava, Alessandra Ferrari, Antonio Raciti

ATTENZIONE! Questo blog è realizzato dal laboratorio in completa autonomia dal DMS dell’Università di Bologna

martedì 10 marzo 2009

ATTENTATO A(L) TEATRO

BORIS GODUNOV - Fura dels Baus

La Fura colpisce ancora e dimostra di saper sempre come catturare l’attenzione di pubblico e media.
L’ultima irruzione del gruppo catalano prevede addirittura un commando di terroristi che sequestra sala e spettatori. Il riferimento è ai fatti di cronaca del 2002, quando un gruppo d
i 40 militanti del movimento separatista ceceno sequestrò gli spettatori del teatro Dubrovka di Mosca interrompendo la rappresentazione di un musical e pretendendo l’immediato ritiro delle forze russe dalla Cecenia e la fine della guerra.
L’inizio dello spettacolo della Fura simula perfettamente l’attentato: gli spettatori assistono a una pacata messinscena del Boris Goduov di Puškin, fino a quando l’incursione di un gruppo armato conquista palco e platea. Silenzio, attesa e un po’ di suspense catturano i presenti. Poi il meccanismo è chiaro, piani drammaturgici e interazione delle tecnologie si intrecciano per affrontare contenuti forti e provocatori, che toccano soprattutto per la grande attualità.
La storia dello zar Godunov, i terroristi, la ‘diretta’ dal teatro e i flash sui grandi potenti che devono trovare una soluzione per liberare il pubblico
sequestrato hanno come filo conduttore unico la violenza, i suoi rapporti con il potere e la politica da un lato, l’arte e il teatro dall’altro. Così la trama prosegue nell’alternanza dei diversi livelli testuali e narrativi, sostenuti da un sapiente uso delle tecnologie che spaziano da scenografie virtuali e filmati proiettati su grandi teli-schermi a telecamere a circuito chiuso e riprese live. Interessante anche il lavoro compiuto dal drammaturgo David Plana, che ha riadattato l’opera di Puškin, farcendola abbondantemente dei discorsi politici più disparati, da quelli di Bush e Che Guevara, passando per Sarkozy e la cronaca quotidiana.
Un tema, quello del
la violenza, che oltre a essere fortemente presente nella storia del potere e dei potenti, attraversa anche tutte le fasi dell’arte, che di volta in volta la rifiuta e la denuncia o ne fa un programma di rigenerazione come nel caso di Artaud.
Le tecniche usate in Boris Godunov ricalcano perfettamente la modalità operativa caratteristica d
el gruppo fin dagli anni ’80, e anzi permettono l’avvicendarsi di una metateatralità contrappuntata di coinvolgimento, rapimento e rischio che rimandano al tentativo dei maestri del ‘900, Artaud in testa, di trasformare l’evento teatrale in un’esperienza relazionale e partecipativa.
Nonostante questo sia uno degli spettacoli meno ‘tecnologici’ del gruppo, non si può negare, infatti, che ancora una volta l’esperienza finale può risultare interessante proprio gr
azie agli strumenti multimediali usati, fondamentali per raggiungere quella partecipazione e invasione verso la platea, che da sempre contraddistingue i lavori della Fura. Avvalendosi del contributo di performer, tecnici e musicisti spagnoli e non solo, la compagnia si è concentrata nel tempo sulla ricerca di una dimensione prevalentemente multimediale dell’evento scenico, fino a sperimentare le possibilità del teatro in internet. Nel corso degli anni gli spettacoli (ricordiamo Accions, Suz/o/Suz, Noun, Naumon, Metamorfosis, ecc.) si sono confrontati con i mezzi espressivi più disparati, trafugando da arti plastiche, danza, mimo, live music, video-installazioni e mettendo in mostra elaborate macchinerie sadiche, corpi nudi, materiali riciclati e pirotecnica. La abilità e la peculiarità rispetto a esperienze simili sta nell’esplorazione della autenticità che le tecnologie possono restituire alla rappresentazione, contrariamente ai pregiudizi che ancora oggi esistono nei confronti di questi strumenti, generalmente definiti freddi e alienanti, incapaci di confrontarsi con l’immediatezza e presenza dell’evento teatrale.
Conoscendo il gruppo, viene da chiedersi che fine abbia fatto quel trio di ragazzi che nel clima post-franchista girava la Catalunya con performance di strada facendosi chiamare Parassiti di fogna (questa la traduzione di Fura dels baus data da un critico inglese). Piccoli scarafaggi crescono e si moltiplicano: ora la compagnia ha ben sei registi ed è nota come uno dei performance group di maggior successo della regione autonoma spagnola, che pure vanta importanti nomi nel campo delle nuove tecnologie applicate al teatro (Konin Thtr o Canellas, per citare i più noti). Ma spulciando un loro manifesto del 1984 non affiora niente che non può essere percepito anche ora: La Fura non è un fenomeno sociale, né un collettivo politico, bensì il risultato della combinazione di elementi che mutano nel corso della sperimentazione, senza regole o traiettorie prefissate. E’ un ingranaggio meccanico e produttivo che non vuole inserirsi in una tradizione e produce spettacoli grazie all’interferenza costante di intuizione e ricerca; vuole realizzare performance come un esercizio pratico volto all’aggressione alla passività dello spettatore.
Ecco perché sembra che pur affrontando un tema così scottante come quello del terrorismo, il gruppo decida abilmente di restarne fuori e giocare la partita dalla panchina del politically correct: un ruolo che delude qualche spettatore che vede nello spettacolo la rivincita di un teatro politico stile Living, ma che placa l’animo di molti nella certezza che è solo un gioco, un grande reality-show in cui tutto è preparato e nessuno verrà ferito.
Contenuti e temi a servizio della sperimentazione, dice un’attrice durante la conferenza presso i Laboratori DMS, in occasione della presentazione di Boris Godunov a Bologna. Rimane il dubbio di una sperimentazione al servizio del mercato, ma se è la strada per riportare adepti tra le fila della platea, si può cominciare anche da un finto attentato.

Elisa Cuciniello

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