CHI SIAMO

Second Open Space Teatro presenta la seconda edizione bloggistica del laboratorio di scrittura critica focalizzato sugli eventi della stagione 2009 del Centro di promozione teatrale La Soffitta e anche su altri appuntamenti scenici.

S.O.S. come acronimo di Second Open Space, imperiodico foglio online scritto da studenti della Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell'Università di Bologna, che si cimentano con l'analisi e il racconto dello spettacolo, sotto la guida di Massimo Marino.
S.O.S. come segnale, allarme, chiamata all'intervento, alla partecipazione e alla collaborazione per creare e accrescere gli sguardi sulla realtà teatrale attraverso cronache, interviste, recensioni, approfondimenti.
S.O.S. come piattaforma online di soccorso al pensiero aperta a commenti, suggestioni, contributi esterni da parte dei lettori.

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DIRETTORE Massimo Marino

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Tomas Kutinjac

WEB Elisa Cuciniello

SCRIVONO Emilia Biunno, Elisa Cuciniello, Irene Cinti, Sandro Ghisi, Tomas Kutinjac, Stefano Serri
- e per la rassegna DiversaMente - Alessandra Cava, Alessandra Ferrari, Antonio Raciti

ATTENZIONE! Questo blog è realizzato dal laboratorio in completa autonomia dal DMS dell’Università di Bologna

domenica 1 marzo 2009

NAVIGAZIONE A VISTA

Conversazione con Marco De Marinis

Al termine della presentazione della stagione della Soffitta 2009, intervistiamo Marco De Marinis, responsabile scientifico del centro, e la sua collaboratrice Silvia Mei.

Professor De Marinis, questa stagione della Soffitta si apre nel nome di Jerzy Grotowski: qual è stato il valore del suo insegnamento?

Marco De Marinis: - Grotowski è stato il primo a non voler fissare un’idea rigida, la sua ricerca è stata volta a chiarire e a smentire che non esistono tecniche. Il senso della ricerca teatrale è incentrata soprattutto sull’esperienza, come caratteristica peculiare. Comunque, tutto il lavoro di Grotowski è denotato dal superamento dei limiti. Non dimentichiamo che quest’uomo di teatro aveva come riferimento registi importanti come Stanislavskij e Mejerchol’d. Bisogna soffermarsi a pensare che attorno agli anni settanta Grotowski teorizza il superamento dello spettacolo, poiché egli crede che la rappresentazione, ormai, non abbia più nulla da dire. Egli si convince che è giunto il momento in cui l’attore deve deporre la maschera per una ricerca di verità intersoggettiva. Grotowski si chiede che cos’è una compagnia senza spettacolo e che cos’è un attore senza pubblico. Da questi presupposti partirà una straordinaria sperimentazione radicale, nota come parateatro.


Secondo lei, qual è l'attualità del messaggio di Grotowski?

M.D.M: - L’insegnamento del fare teatro, di pensare al teatro nel corpo e per il corpo, in altre parole l’idea che l’uomo di teatro deve essere un uomo totale sono problematiche assolutamente attuali. Di Grotowski oggi ci rimane quella straordinaria esperienza legata al secolo scorso, che ha davvero trasformato anche il modo di guardare, di essere spettatore; insomma, fare esperienza col e nel proprio corpo-mente, nel lavoro su se stessi e dell’altro da sé, per sperimentare una pienezza, un’intensità vitale, che appaiono fuori della vita quotidiana. Quando, e nella misura in cui teatro diventa tutto questo, non pare davvero difficile capire come esso ci aiuti, ci possa fare bene, addirittura ci possa rendere felici. Per chiudere l’argomento, quindi, credo che Grotowski oggi abbia davvero tanto ancora da insegnarci e questo oltre che essere un buon motivo per celebrare il decennale della sua scomparsa, è sicuramente un punto su cui riflettere.


Diamo ora uno sguardo a un appuntamento il cui titolo ci ha molto colpito e ci incuriosisce: Ri-scuotere Shakespeare. Perché?

M.D.M.: - In realtà questa è una domanda che non vuole una risposta, piuttosto genera altre domande. Se il lettore può scorgere nel titolo quasi un gioco linguistico, questo non esaurisce il senso del progetto. Per chiarire meglio alcuni passaggi determinanti di Ri-scuotere Shakespeare, possiamo chiedere a Silvia Mei, curatrice dei tre spettacoli shakesperiani, di illustrarci le linee guida.

Silvia Mei: - Da sempre Shakespeare risulta un imprescindibile punto di riferimento nella cultura e nella pratica teatrale contemporanea per la disponibilità drammaturgica dei suoi testi e per la proliferazione di significati. Il titolo della sezione legata agli spettacoli shakespeariani, lo abbiamo pensato in relazione alla riscrittura scenica, che gli stessi registi-attori hanno operato a partire dai celebri testi. Le compagnie che metteranno in scena i drammi di Shakespeare sono composte di giovani e ardimentosi attori, rappresentanti dell’ultima “ondata” del nuovo teatro. Cominciamo con il primo spettacolo, Shakespeare/Venere e Adone di Valter Malosti. Qui si cerca di unire la presenza dell’attore a un'interessante selezione di brani musicali, operando non nell’assenza del testo, ma nella sua ri-scoperta. La traduzione è curata dallo stesso Malosti, e questo già di per sé risulta significativo per poter ri-ascoltare parti del testo inascoltate. Si prosegue poi con Riccardo III di Oscar de Summa. Anche questo è un progetto davvero interessante per la particolare messa in scena operata da De Summa, attore-regista monologante. Ultimo appuntamento è il Mercante di Venezia di Massimiliano Civica, neo premio Ubu per la regia 2008. Questo spettacolo, tra le tre proposte che quest’anno abbiamo in calendario, si evidenzia per un allestimento assolutamente frugale, dove gli attori in scena sono e diventano essi stessi scenografia.

M. D. M: - È evidente che per arrivare a un simile risultato Massimiliano Civica ha operato un lavoro straordinario sui quattro attori, che stanno sulla scena nuda, unico ausilio la maschera.

S. M.: - È quindi giusto sottolineare che gli spettacoli proposti all’interno del progetto sono orientati alla ricerca di un teatro che rimette l’attore sulla scena, ovvero ne riafferma la centralità.


In collaborazione con l’Accademia di Belle Arti, La Soffitta è impegnata quest’anno sulla questione del cosiddetto teatro sociale. Qual è l’importanza di questo progetto?

M. D. M.: - I due giorni dedicati al teatro sociale, nascono dalle esperienze di Giuliano Scabia. Fin dal lavoro di Marco Cavallo a Trieste (1973), Scabia ha raccontato il disagio di persone recluse nelle strutture psichiatriche, al fianco di un medico-psichiatra straordinario come Franco Basaglia. Con il teatro si è cercato di dare un riscatto sociale ai malati mentali, che hanno recuperato la propria dignità di esseri umani.

In questa occasione si avrà la possibilità da un lato di potere assistere a conferenze sul tema del disagio mentale, dall’altro di seguire proposte performative. Ovvero, cosa e quanto il teatro ha potuto fare in tema di aiuto attraverso la recitazione.


Sfogliando il programma, ci stupisce il fatto che l’offerta, la proposta degli eventi è ben articolata, succosa, variegata, ricca sia dal lato performativo, sia per il numero delle giornate di studio nonostante i tagli subiti dall’Università e i fondi tolti ai Laboratori DMS. Quale strategia il responsabile scientifico della Soffitta ha messo in campo per superare gli immancabili e innumerevoli problemi?

M. D. M. (sorride): - In realtà non ho operato nessuna magia. A tutto questo (e vale anche per gli anni precedenti) si è potuto arrivare grazie al proficuo e intenso lavoro di volontariato dei miei collaboratori e dei docenti disponibili a dare il loro insostituibile contributo quanto a sapere ed esperienza. In particolare, desidero ringraziare Eugenia Casini Ropa, che, rinunciando a spettacoli di danza, ci ha accordato la sua disponibilità per realizzare questa nuova stagione e poi: le istituzioni cittadine, come gli sponsor che da qualche tempo danno un sensibile sostegno economico alle iniziative della Soffitta, cui anche dal mondo del teatro professionistico e di ricerca si guarda con grande interesse. La crisi finanziaria che ha colpito l’economia su vasta scala è evidente, e sarebbe colpevole fare finta che non esista o che riguardi altri settori. Il mio augurio è che questo momento difficile possa durare il meno possibile e, francamente, mi sento di poter dire che in ogni caso La Soffitta sopravvivrà a tutte le crisi e i momenti difficili della vita del nostro Paese. Credo che la questione più importante da gestire, per il futuro, quella che presenta maggiori difficoltà, non sia certo quella dei contenuti, quelli ci saranno sempre, naturalmente, ma quella del dove collocarli per farli nascere e mostrali a un pubblico sempre più interessato. E in questo senso forse mi sento un po’ meno ottimista per quanto riguarda proprio il contenitore, dove attualmente lavoriamo, a causa dei suoi costi.


Irene Cinti, Sandro Ghisi

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