Fisarmonica di parole e azioni per ricordare Franco Basaglia
Esiste una chiave d'accesso per entrare nell'abisso di un battito di ciglia, quel lampo di buio in cui si risucchiano emozioni, si illuminano pensieri? Ogni definizione di quell'attimo genera de-limitazioni, confini inutili che non reggono il confronto con l'immaginario. Ogni de-scrizione della follia, allo stesso modo, significa forzarla in strutture che non le appartengono. La sfida è dunque non crearle ulteriori confini ma lasciarla vivere con la sua intensità e svelarla contemporaneamente con la sua profondità.
Un palloncino rosso fa capolino, la scura figurina che lo tiene avanza gracile e dà il via a un'intermittenza di racconti e scene corali, di respiri e di feste. È questo il ritmo, quel "tempo di..." riuscire a respirare un'esistenza che non si può calcolare, né rincorrere.
"Ma esiste davvero un luogo dal quale e nel quale agire liberamente?", così si interroga la protagonista a un certo punto in Tempo di smetterla, rappresentazione-rivelazione di frammenti in movimento in cui le risposte giungono dal semplice 'esserci': lei, Luisa Carini, e gli altri attori di Stazioni di Confine affiorano infatti sulla scena in un'altalena di frame tra gioco e poesia come vivide presenze, come corpi brillanti che riflettono mondi lontani. Con la straordinaria guida di Andreina Garella il gruppo esplora da anni la possibilità di un teatro responsabile, che abbia l'urgenza e il coraggio di mostrare le proprie fragilità senza per questo chiudersi in autocommiseramento o autoreferenzialità, anzi spalancando finestre di universi inesplorati sulle pianure della razionalità.
Giungono insieme a questo spettacolo dopo essersi fermati nelle stazioni letterarie di Don Chisciotte, Astolfo, Gregor Samsa e molti altri compagni di viaggio, testimoni d'eccezione di quanto la follia faccia parte della ragione.
Esiste una chiave d'accesso per entrare nell'abisso di un battito di ciglia, quel lampo di buio in cui si risucchiano emozioni, si illuminano pensieri? Ogni definizione di quell'attimo genera de-limitazioni, confini inutili che non reggono il confronto con l'immaginario. Ogni de-scrizione della follia, allo stesso modo, significa forzarla in strutture che non le appartengono. La sfida è dunque non crearle ulteriori confini ma lasciarla vivere con la sua intensità e svelarla contemporaneamente con la sua profondità.
Un palloncino rosso fa capolino, la scura figurina che lo tiene avanza gracile e dà il via a un'intermittenza di racconti e scene corali, di respiri e di feste. È questo il ritmo, quel "tempo di..." riuscire a respirare un'esistenza che non si può calcolare, né rincorrere.
"Ma esiste davvero un luogo dal quale e nel quale agire liberamente?", così si interroga la protagonista a un certo punto in Tempo di smetterla, rappresentazione-rivelazione di frammenti in movimento in cui le risposte giungono dal semplice 'esserci': lei, Luisa Carini, e gli altri attori di Stazioni di Confine affiorano infatti sulla scena in un'altalena di frame tra gioco e poesia come vivide presenze, come corpi brillanti che riflettono mondi lontani. Con la straordinaria guida di Andreina Garella il gruppo esplora da anni la possibilità di un teatro responsabile, che abbia l'urgenza e il coraggio di mostrare le proprie fragilità senza per questo chiudersi in autocommiseramento o autoreferenzialità, anzi spalancando finestre di universi inesplorati sulle pianure della razionalità.
Giungono insieme a questo spettacolo dopo essersi fermati nelle stazioni letterarie di Don Chisciotte, Astolfo, Gregor Samsa e molti altri compagni di viaggio, testimoni d'eccezione di quanto la follia faccia parte della ragione.
Elisa Cuciniello
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