Rusco - De rerum natura, liberamente tratto da Lucrezio, di Gabriele Tesauri.
Quando si avvolge il sipario dello spettacolo Rusco, espressione dialettale bolognese che significa spazzatura, abbiamo già assistito a una performance lirica per nulla trascurabile. I did it my way, dallo storico pezzo di Frank Sinatra, canta a squarciagola il capocantiere sullo sfondo di un vecchio teatro abbandonato e pieno di immondizia. E lo fa alla sua maniera perché ama cantare e non se ne vergogna. Non ha timore del giudizio dei suoi colleghi che lo osservano esterrefatti, non ha paura di essere criticato per un comportamento considerato anomalo, estroso, gaio. Vuole solo cantare e vorrebbe farlo davanti a una platea gremita. Vuole un posto nella società, perché anche lui ha qualcosa da dire.
L'interprete, Lucio Polazzi, è un "figlio" della legge Basaglia. È un uomo a cui il Dipartimento di Salute Mentale di Bologna ha dato la possibilità di rimettersi in gioco, di costruirsi una vita sociale. Lucio, insieme ad altri ragazzi con problemi psichiatrici, frequentando un corso di formazione per allievi attori, è diventato un professionista, e insieme ai suoi colleghi ha dato vita alla compagnia Arte e Salute. Uomini "riciclati", rientrati nella società dall'ingresso principale. In Rusco, dopo dieci anni di esperienza sul palcoscenico, li ritroviamo artisticamente maturi, ormai in grado di districarsi in scena con totale autonomia e con una spontaneità disarmante. Nello spettacolo, nato grazie a una forte collaborazione col gruppo Hera, alcuni attori hanno vestito i panni di operatori ecologici e ci hanno raccontato la storia di un emarginato. Un clochard islandese che vive abusivamente nell'angusto teatro che loro dovrebbero ripulire. Islanda, questo è il suo nome, passa le sue giornate smarrito nell'alcool e nell'ozio, e di notte, in preda ad allucinazioni, si ritrova a fare i conti con gli scheletri del proprio passato. Il suo primo giudice, un'imponente e artificiosa "natura", è un essere soprannaturale partorito dalla catasta di spazzatura posta al centro della scena. La nostra attenzione è catturata dalle intermittenze fluo delle luci che, attraverso giochi "mistici" di colore, uniscono il busto della creatura alla scenografia che ora sembra indossare. Una vera "apparizione", un momento di grande teatro, in cui l'azione si arresta improvvisamente per lasciare spazio alle parole immortali del Dialogo della Natura e di un Islandese di Leopardi: la Natura ora sembra rivolgersi a noi. Ci spiega che la terra non è stata creata per soddisfare le esigenze dell'uomo, e ci consiglia di cercare la causa dei nostri mali in quell'ansia di vivere che ci contraddistingue.
È a questo punto che ci sentiamo immersi nel torbido mistero da favola noir di Rusco - De rerum natura, dove "nulla nasce da nulla ma tutto viene generato da una distruzione precedente che diventa una creazione nuova", un luogo dove anche gli uomini vengono riciclati, rigenerati.
È questo il teatro epico di Gabriele Tesauri, storie dai temi etici narrate con la saggezza dei grandi maestri della filosofia e della poesia, da Epicuro a Lucrezio, e la leggerezza tipica della commedia all'italiana. Un'altalenare costante dal sapore agrodolce. Un gioco di bilanciamento che interviene in tutto lo spettacolo, come quando si parla del razzismo o dell'abuso di potere, del riciclaggio di denaro "sporco" o dell'affitto troppo caro, dell'abbattimento di un teatro o della costruzione di un palazzo, della fede in Dio o della razionalità della scienza. Due facce della stessa medaglia, che insinuano dubbi, che mettono in discussione il vivere della società moderna.
La visione di Rusco ci mette in condizione di porci quesiti a cui il regista non vuole dare risposte. Ci suggerisce però che possiamo trovarle guardando il mondo da un altro punto di vista: il proprio!
For what is a man, what has he got?
If not himself, then he has naught
to say the things he truly feels
and not the words of one who kneels.
The record shows I took the blows
and did it my way!
Quando si avvolge il sipario dello spettacolo Rusco, espressione dialettale bolognese che significa spazzatura, abbiamo già assistito a una performance lirica per nulla trascurabile. I did it my way, dallo storico pezzo di Frank Sinatra, canta a squarciagola il capocantiere sullo sfondo di un vecchio teatro abbandonato e pieno di immondizia. E lo fa alla sua maniera perché ama cantare e non se ne vergogna. Non ha timore del giudizio dei suoi colleghi che lo osservano esterrefatti, non ha paura di essere criticato per un comportamento considerato anomalo, estroso, gaio. Vuole solo cantare e vorrebbe farlo davanti a una platea gremita. Vuole un posto nella società, perché anche lui ha qualcosa da dire.
L'interprete, Lucio Polazzi, è un "figlio" della legge Basaglia. È un uomo a cui il Dipartimento di Salute Mentale di Bologna ha dato la possibilità di rimettersi in gioco, di costruirsi una vita sociale. Lucio, insieme ad altri ragazzi con problemi psichiatrici, frequentando un corso di formazione per allievi attori, è diventato un professionista, e insieme ai suoi colleghi ha dato vita alla compagnia Arte e Salute. Uomini "riciclati", rientrati nella società dall'ingresso principale. In Rusco, dopo dieci anni di esperienza sul palcoscenico, li ritroviamo artisticamente maturi, ormai in grado di districarsi in scena con totale autonomia e con una spontaneità disarmante. Nello spettacolo, nato grazie a una forte collaborazione col gruppo Hera, alcuni attori hanno vestito i panni di operatori ecologici e ci hanno raccontato la storia di un emarginato. Un clochard islandese che vive abusivamente nell'angusto teatro che loro dovrebbero ripulire. Islanda, questo è il suo nome, passa le sue giornate smarrito nell'alcool e nell'ozio, e di notte, in preda ad allucinazioni, si ritrova a fare i conti con gli scheletri del proprio passato. Il suo primo giudice, un'imponente e artificiosa "natura", è un essere soprannaturale partorito dalla catasta di spazzatura posta al centro della scena. La nostra attenzione è catturata dalle intermittenze fluo delle luci che, attraverso giochi "mistici" di colore, uniscono il busto della creatura alla scenografia che ora sembra indossare. Una vera "apparizione", un momento di grande teatro, in cui l'azione si arresta improvvisamente per lasciare spazio alle parole immortali del Dialogo della Natura e di un Islandese di Leopardi: la Natura ora sembra rivolgersi a noi. Ci spiega che la terra non è stata creata per soddisfare le esigenze dell'uomo, e ci consiglia di cercare la causa dei nostri mali in quell'ansia di vivere che ci contraddistingue.
È a questo punto che ci sentiamo immersi nel torbido mistero da favola noir di Rusco - De rerum natura, dove "nulla nasce da nulla ma tutto viene generato da una distruzione precedente che diventa una creazione nuova", un luogo dove anche gli uomini vengono riciclati, rigenerati.
È questo il teatro epico di Gabriele Tesauri, storie dai temi etici narrate con la saggezza dei grandi maestri della filosofia e della poesia, da Epicuro a Lucrezio, e la leggerezza tipica della commedia all'italiana. Un'altalenare costante dal sapore agrodolce. Un gioco di bilanciamento che interviene in tutto lo spettacolo, come quando si parla del razzismo o dell'abuso di potere, del riciclaggio di denaro "sporco" o dell'affitto troppo caro, dell'abbattimento di un teatro o della costruzione di un palazzo, della fede in Dio o della razionalità della scienza. Due facce della stessa medaglia, che insinuano dubbi, che mettono in discussione il vivere della società moderna.
La visione di Rusco ci mette in condizione di porci quesiti a cui il regista non vuole dare risposte. Ci suggerisce però che possiamo trovarle guardando il mondo da un altro punto di vista: il proprio!
For what is a man, what has he got?
If not himself, then he has naught
to say the things he truly feels
and not the words of one who kneels.
The record shows I took the blows
and did it my way!
Antonio Raciti
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