CHI SIAMO

Second Open Space Teatro presenta la seconda edizione bloggistica del laboratorio di scrittura critica focalizzato sugli eventi della stagione 2009 del Centro di promozione teatrale La Soffitta e anche su altri appuntamenti scenici.

S.O.S. come acronimo di Second Open Space, imperiodico foglio online scritto da studenti della Laurea Specialistica in Discipline Teatrali dell'Università di Bologna, che si cimentano con l'analisi e il racconto dello spettacolo, sotto la guida di Massimo Marino.
S.O.S. come segnale, allarme, chiamata all'intervento, alla partecipazione e alla collaborazione per creare e accrescere gli sguardi sulla realtà teatrale attraverso cronache, interviste, recensioni, approfondimenti.
S.O.S. come piattaforma online di soccorso al pensiero aperta a commenti, suggestioni, contributi esterni da parte dei lettori.

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DIRETTORE Massimo Marino

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Tomas Kutinjac

WEB Elisa Cuciniello

SCRIVONO Emilia Biunno, Elisa Cuciniello, Irene Cinti, Sandro Ghisi, Tomas Kutinjac, Stefano Serri
- e per la rassegna DiversaMente - Alessandra Cava, Alessandra Ferrari, Antonio Raciti

ATTENZIONE! Questo blog è realizzato dal laboratorio in completa autonomia dal DMS dell’Università di Bologna

giovedì 26 novembre 2009

IL TESTIMONE SCOMODO

Appunti per una critica delle differenze + Ipotesi di sguardo su Rusco di Gabriele Tesauri e Tempo di smetterla di Andreina Garella

A teatro la posizione di chi guarda è scomoda per sua natura. Si sta in trepidante attesa di essere investiti dalle azioni, con la grande responsabilità di dover poi investire nelle proprie re-azioni perché diventino segni, tracce, proiezioni. Capita spesso però, per abitudine o per convenienza, di lasciarsi affondare nella propria poltrona, di rilassare la spina dorsale e di mettere in moto l'automatismo dello sguardo. È facile essere tentati dal fare affidamento sugli strumenti critici che si possiedono: già collaudati, ci assicurano un risultato abbastanza rapido, più o meno corretto e sicuramente indolore. Ben vengano allora le occasioni di far saltare il meccanismo e di fare esercizio di visione. Il teatro in psichiatria, così come tutte le esperienze sceniche che vengono raccolte sotto il nome di "teatro delle differenze", è uno di quegli eventi che fanno volare il testimone giù dalla poltrona. Dove potrà sedersi, adesso? La difficoltà sta nello scegliere le angolazioni e le distanze dal quale osservare un fenomeno che si pone come oggetto d'arte e che presenta numerose stratificazioni di sostanza e di senso. Ovviamente non ci si può sedere al posto dello psichiatra o dell'operatore sanitario e soffermarsi solo sull'aspetto terapeutico e di recupero sociale dell'operazione, né trovare rifugio sulla sedia del critico teatrale e dimenticare la specificità di queste opere. Occorre trovare una posizione più scomoda che favorisca l'attenzione; occorre forse restare in piedi, per cercare di vedere un po' più lontano. Vale a dire che il testimone non può occuparsi esclusivamente del valore artistico dell'opera in sé e neppure solo della visibile ricaduta benefica sui pazienti-attori, ma entrambi questi aspetti, strettamente legati, devono interessarlo moltissimo, al fine di costruire gli strumenti necessari perché si possa fare strada - una delle tante possibili - all'interno del lavoro. Basta forse, ogni volta, trovare una questione nuova a cui tentare di dare delle risposte, anche se provvisorie. È quasi impossibile trovare la soluzione definitiva, ma vale la pena tentare di avvicinarla.
La prima domanda che arriva assistendo a questi spettacoli è molto semplice e riguarda il lavoro con gli attori. Una grande curiosità attira lo spettatore verso questo mondo doppiamente magico in cui si fondono i misteri del teatro e i misteri della mente, dove accadono cose che riguardano da vicino la realtà, pur sembrando lontanissime dalla vita quotidiana. Questi primi due giorni del Festival MoviMenti, con gli spettacoli di Gabriele Tesauri e Andreina Garella, ci hanno mostrato due possibilità di lavoro profondamente differenti. L'Islandese che si aggira tra fiabeschi cumuli di sacchi della spazzatura in Rusco e la magra figuretta dagli occhi luminosi che stringe al petto un palloncino rosso in Tempo di smetterla ci accompagnano in due diverse direzioni, che solcano le prime due strade di questi teatri della mente. L'esperienza di Tesauri con la Compagnia Arte e Salute si fonda su un lavoro tradizionale d'attore, per uno spettacolo dalla struttura prevalentemente dialogica, spezzato a tratti da monologhi onirici che colorano di fiaba la scena sommersa dai rifiuti e accesa di luci cangianti. Sono questi i momenti di Rusco in cui gli attori trovano il modo migliore di vivere in scena, nonostante l'uso dei testi risulti spesso ridondante e a volte giochi a riscuotere facili consensi. Ci si rende conto di quanto sia importante lasciare che le energie si manifestino nello spazio della scena, di quanto le personalità di questi attori possiedano un alto grado di presenza, tanto più forte ed evidente nelle sequenze sciolte dai vincoli della rappresentazione. Il lavoro di Andreina Garella di Festina Lente Teatro in Tempo di smetterla fa della questione della presenza il suo centro vitale. La concertazione del gruppo, anche se condotta da una struttura abbastanza rigida di scene e controscene, trasforma le sue regole in un potenziale d'espressione senza limiti. È una carrellata di corpi e di voci che prende vita trasformandosi continuamente, un coro di personaggi che si aggrega e si disperde sul palco vuoto, che è il non-luogo che racchiude infiniti spazi. Proprio da qui, forse, da quella presenza capace di colmare il vuoto della scena oltre ogni espediente, il testimone dovrebbe far partire le sue domande, allenare la percezione a coglierne il segno, per essere davvero pronto per il compito che lo attende.

Alessandra Cava

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